"I linguaggi delle arti possono accogliere, trasformare e rendere intelleggibile il magma emotivo originario e inconsapevole facilitando un’interiorizzazione più consapevole di contenuti mentali primitivi ed il loro accesso al pensiero ed al linguaggio."
(Maria Belfiore)
È una modalità di intervento terapeutico con una sua specifica metodologia e fondamento teorico di riferimento psicodinamico.
L’ intervento terapeutico attraverso l’Arteterapia, si basa sul riconoscimento che il corpo e la mente fanno parte di un tutto e danno vita ad un flusso esperienziale che si organizza in un continuum organico.
Questo è evidenziato anche dai più recenti sviluppi delle neuroscienze che, mettendo in luce l’aspetto “incarnato” delle funzioni psichiche (la psiche nasce dal corpo, inizialmente indifferenziati), hanno riconosciuto il ruolo dei codici espressivi pre-verbali della produzione estetica, motoria e grafica, nella regolazione dell’esperienza emotiva e nei processi di adattamento. [1]
Lavorando quindi nella visione di un’unità corpo mente, e praticando la consapevolezza della presenza corporea, all’interno di un contesto terapeutico in grado di nutrire questo continuum, si favoriscono successivi processi di trasformazione, e di crescita psichica e neurologica. Le tecniche traggono la loro origine da tali principi: con esse ci si accosta al paziente ai suoi disagi nel rispetto profondo dell’unicità della sua esistenza, riscoprendone le risorse e le sorgenti creative.
In tale prospettiva, processo terapeutico e processo creativo procedono parallelamente, creando quell’ambiente facilitante [2] in cui è possibile organizzare e dare forma a vissuti ed emozioni.
Il setting di Arteterapia è caratterizzato dalla presenza dell’Arte terapeuta con la funzione di guida, di riferimento, di tutela dello spazio interno e esterno che permette l’esplorazione di un mondo dapprima corporeo, attraverso la scoperta di materiali con caratteristiche fisiche, sensoriali (e i loro correlati affettivi) specifiche, e poi anche ideativo e immaginativo e cognitivo.
In questo ambiente caratterizzato dalla sicurezza, dal rispecchiamento, dalla sintonizzazione e dall’accoglienza, il paziente può fare esperienza riparatrice della relazione primigenia con il caregiver, come ben spiegato in queste parole:
“Così, come la madre si occupa del bambino per risonanza empatica, l’arte terapeuta? partecipa alle tensioni, al clima, al ritmo sia dell’immagine che del rapporto con il paziente attraverso la modulazione della distanza/vicinanza con lui? e, se la relazione madre bambino è fatta di gesti concreti, di cure fisiche, di contatto e di ritmi, la risonanza emotiva ha un luogo fisico, né reale, né immaginario, per trasformare lo stato di bisogno in soddisfazione, per accogliere le tensioni nella reverie”.[3]
La creazione che emerge, grafica-plastica e corporea, diviene l’elemento centrale attorno a cui si può sviluppare il dialogo sia intrapersonale, che interpersonale, tra paziente e arte terapeuta, attraverso la comunicazione verbale e non verbale.
La relazione terapeutica (così caratterizzata), la pulsione verso la conoscenza, il processo creativo e la considerazione delle vicende evolutive dell’individuo (con i suoi arresti e deviazioni) sono elementi fondanti della metodologia; dal loro dialogo scaturisce la spinta verso l’acquisizione di nuove conoscenze di sé, una maggiore capacità di pensare e pensarsi e di nuove competenze.
L’applicazione dell’arteterapia va dal campo della prevenzione, in cui le radici del processo creativo servono per preparare, consolidare o gettare le basi per un luogo dove lo sviluppo è possibile; alla patologia più grave in cui sembra non possa esistere più alcun luogo dove intraprendere un dialogo.
È in questa seconda tipologia di utenza che possiamo collocare i pazienti che soffrono di patologie croniche, autoimmuni, disturbi funzionali. In questi casi un aspetto rilevante è la presenza di Alessitimia (dal greco A= mancanza, lexis=parola, Thymos=emozione). La persona non reprime o inibisce o nega le emozioni, bensì non ha parole per dirle; in altri termini: non riesce a esprimere.
Questa caratteristica può avere diversi livelli di intensità (da primaria a secondaria), e può essere presente in pazienti con diversa modalità di funzionamento (da psico-somatico [4], a somato-psichico [5]).
L’arteterapia, in queste condizioni, è un valido aiuto per la persona, in quanto, riesce a ricreare un ambiente in cui si ripercorrono le esperienze delle prime relazioni del bambino con la madre e con l’ambiente, e si veicolano affetti ed emozioni, espressi anche attraverso l’utilizzo dei materiali nei lavori espressivi, che permetteranno di “pensare” e dare immagine e nome a esperienze, fantasie e difese che sono rimaste in un inconscio non rimosso preverbale e pre-simbolico (chiamato memoria implicita[6]) che condiziona la vita affettiva, emozionale, cognitiva e creativa del soggetto da adulto, anche attraverso patologie corporee da meno gravi a più gravi. La cura consiste nel ri-creare un collegamento con la memoria implicita, la quale non è passabile di ricordo, ma può essere rappresentata nell’attività creativa.
I riferimenti presso l’associazione “Essere con” per i percorsi di arteterapia sono i seguenti:
Simonetta Guaglione, Psicologa Clinica Espressiva (formazione in Psicoterapia Espressiva in Arte, presso Istituto di Psicoterapia Espressiva collegato a Art Therapy Italiana) Tel. 339 363 8941
Silvia Borghini, Arte terapeuta (formazione presso Art Therapy Italiana) Tel. 329 963 5694
Chiara Baldassarri, Arte-terapeuta
Dott.ssa De Marsiliis Laura, Psicologa, Psicoterapeuta espressiva psicodinamica, Specialista in Danzamovimentoterapia. (Art Therapy Italiana).
Dott.ssa Paola Radrizzani - Psicologa, Psicoterapeuta Espressiva Psicodinamica, Specialista in Danzamovimentoterapia.
[1] Vittorio Gallese, Giacomo Rizzolatti, Alan Schore
[2] D. W. Winnicott,
[3] M. Belfiore, “Comunicazione estetica e codice: verso un’analisi strutturale e trasformativa del prodotto artistico, Dall’esprimere al comunicare”, Quaderni di Art Therapy Italiana, Pitagora, Bologna, 1998.
[4] FUNZIONAMENTO PSICO-SOMATICO:” Le condizioni “psico-somatiche” sono forme caratterizzate da una presenza ed organizzazione di un Sé strutturato e capace di simbolizzazione. Ma al suo interno presenta più o meno, a seconda della gravità della condizione, una incapacità elaborativa e “contenitiva” degli stati affettivi che si possono produrre da stimolazioni interne o esterne ad esso. Questo accade per una presenza di rappresentazioni oggettuali non in grado di contenere i moti affettivi dell’individuo all’interno della sua mente. Quindi, per evitare implosioni, i moti affettivi in eccesso di contenimento verranno “evacuati” o nel soma o in agiti comportamentali o in schemi fissi e rigidi di pensiero che cercheranno di “imprigionare” le emozioni, in quanto non “digeribili”, che non produrranno, in questo tipo di “apparato per pensare”, moti creativi con possibilità di cambiamento”. (da Frattini, “La regolazione affettiva tra Psicoanalisi e neuroscienze”, in corso di pubblicazione)
[5] FUNZIONAMENTO SOMATO-PSICHICO: “Le condizioni definite da noi “somato-psichiche” sono forme che sono caratterizzate da una pervasiva mancanza di strutturazione e organizzazione del Sé e da una difficoltà pressoché totale a costruire rappresentazioni degli stati interni a livello psichico e che possano quindi essere messe in pensabilità psichica e parola. Gli stati affettivi emergono in seduta non-integrati né strutturati, privi nella maggior parte dei casi di contenuti rappresentativi e vissuti come esperienze prevalentemente sensoriali, indistinte e spesso minacciose per l’effetto disorganizzante che portano con sé: un sentimento di sconfinamento affettivo che soffoca la mente, che è la grande assente in queste forme patologiche. Qui il corpo deve sostituire la mente che non è in grado di occuparsi e di elaborare su ciò che accade all’interno di Sé e del proprio corpo”. (da Frattini, “La regolazione affettiva tra Psicoanalisi e neuroscienze”, in corso di pubblicazione)
[6] D.Schacter e P.Graf, 1986