L'Infant Research e la ricerca sulle relazioni preverbali e presimboliche. - Associazione Essere Con
20 aprile 2017

L'Infant Research e la ricerca sulle relazioni preverbali e presimboliche.

L'Infant Research e la ricerca sulle relazioni preverbali e presimboliche.

 

L'Infant Research e la ricerca sulle relazioni preverbali e presimboliche.

a cura di Ivano Frattini

Gli autori che vengono di solito classificati come Infant Researh, provengono quasi tutti da un orientamento psicoanalitico della Psicologia del Sè di H. Kohut. Già nel discorso della psicologia del sé prende corpo la proposta dell'immersione empatica, del sentirsi dentro l'esperienza del paziente, è l'elemento cardine di questa impostazione consisteva che con essa cambiava la prospettiva di osservazione del paziente poiché richiedeva al terapeuta un impegno non solo a capirlo nelle sue difese, ma anche a realizzare un avvicinamento in grado di percepirlo nella varietà gradevole e sgradevole della sua vita emotiva. Kohut sosteneva che la sintomatologia narcisistica non rappresentava una difesa all'amore oggettuale, ma si sviluppava come reazione al dolore provocato dalla rottura di quelle relazioni di cura, tenerezza, affetto ed interessamento, che il Sè aveva bisogno di intrattenere con gli oggetti significativi. Quindi si delineava, come abbiamo visto nel campo dell'alessitimia e dei disturbi della regolazione affettiva una teoria psicoanalitica più orientata verso il deficit che non il conflitto. Tutti i postkouthiani si riconoscono nell'immersione empatica nella realtà del paziente. L'innovazione teorica-clinica introdotta invece da questi autori ha risentito in maniera particolare dell'influsso della ricerca infantile e dei sistemi dinamici non lineari. Da essi è derivata la prova importante della co-costruzione degli avvenimenti relazionali e della realtà cosiddetta bi-personale della relazione psicoanalitica. Dal movimento dei sistemi dinamici viene una revisione sul concetto di Sè che, secondo Kohut, avrebbe un intrinseco disegno esistenziale da realizzare. Invece il nuovo assunto dinamico è che lo stato finale non è all'inizio già presente in qualche forma predeterminata, ma emerge da complesse interrelazioni tra gli elementi del sistema, che ricerca una soluzione stabile.

L'Infant research ha avuto il merito di dimostrare l'importanza delle relazioni precoci nella costruzione dell'identità e della personalità. Possiamo iniziare riportando le parole di Mancia: “il primo compito del bambino è quello di formare le prime rappresentazioni (protorappresentazioni) dar loro una collocazione spazio temporale ed organizzare il mondo interno. Questo compito è reso possibile dalle esperienze sensomotorie, oltre che acustiche, gustative olfattive depositate nella memoria implicita e collegate alle prime relazioni del bambino con la madre e con l'ambiente in cui cresce”. I contributi dell'Infant Research si possono suddividere in due settori: quello sistemico e quello intersoggettivo. Il primo ha consentito di elaborare una concezione della mente che nasce e si organizza nell'interazione; ha così avviato il passaggio dalla visione di una mente monadica a quello di una mente diadica, ovvero da un approccio monopersonale ad uno bi-personale nella regolazione interpersonale. Nel modello sistemico l'individuo partecipa ad uno scambio continuo con il contesto tramite autoregolazione, regolazione interattiva e di integrazione fra le due. Valga in proposito il pensiero di Beebe e Lachmann :"I bambini come ogni altro sistema vivente sono in grado di autoregolarsi e autorganizzarsi. Il processo di autoregolazione, tuttavia, modifica continuamente il processo di regolazione interattiva ed è da esso modificato. L'esperienza per la quale il bambino si percepisce come soggetto agente si organizza grazie al processo di autoregolazione, ma solo nella misura in cui anche la regolazione interattiva consente o favorisce quest'esperienza. Per usare le parole di Sander: “il senso di sé agente è una competenza sistemica". L'autoregolazione accresce la consapevolezza dell'esperienza interiore (stato generale, emozioni, aspettative) fin dalla nascita. Quindi noi siamo consapevoli della nostra esperienza interiore e al tempo stesso del contesto interattivo. In passato gli studi sull'interazione infantile disfunzionale tendevano a localizzare la fonte del problema in un partner o nell'altro, per esempio, nei problemi caratteriali del bambino o nell'invadenza o nel ritiro della madre. Invece è essenziale riconoscere il contributo reciproco dell'autoregolazione e della regolazione interattiva di entrambi i partners. La prospettiva sistemica non considera separatamente i processi interni ed interattivi ma sottolinea la loro co-costruzione, il modo in cui il processo diadico organizza e riorganizza l'autoregolazione e la regolazione interattiva. Le variazioni nel processo di autoregolazione in ciascun partner influenzano simultaneamente anche il processo interattivo. L'ambito intersoggettivo, invece, ha messo in evidenza come fin dall'inizio la mente del bambino non solo nasca all'interno di una matrice intersoggettiva, ma anche risulti già munita delle competenze e risorse necessarie per essere un agente attivo all'interno di questa matrice; ciò che varia è solo il grado della sua attività. Più in dettaglio l'Infant reserch di stampo intersoggettivo ha studiato lo sviluppo progressivo e graduale di questo programma di espansione di questo grado di attività, riconoscendo tre livelli definiti come intersoggettività primaria, intersoggettività secondaria e terziaria. L' intersoggettività primaria (2-9 mesi) si caratterizza per essere essenzialmente diadica, dato che lo scambio comunicativo avviene soprattutto tra il bambino e la madre, e presimbolica -per cui la comunicazione si realizza in modo intuitivo da parte del bambino e di chi si prende cura di lui-ha inoltre per oggetto emozioni, gesti e comportamenti. In effetti durante il primo anno di vita la diade madre bambino mette in atto un dialogo fatto di vocalizzazioni di comunicazione non verbali, di emozioni che costituiscono una sorta di proto comunicazione e proto conversazione, cui il caregiver partecipa con un “maternese” tale da sembrare un linguaggio universale, realizzato tramite toni di voce alti e gestualità molto pronunciate. Ora ciò di cui il bambino fa esperienza nel primo periodo di vita, non può essere recuperato in termini coscienti, il che significa non che il bambino sia inconsapevole dell'esperienza interattiva con i caregiver, ma che la percezione di tale esperienza opera a un livello di “coscienza nucleare”. Di fatto, gli eventi esperienziali del primo anno di vita, di cui bambino ha solo una coscienza nucleare, vanno ad iscriversi nella memoria procedurale o implicita, per cui anche se non sono accessibili alla coscienza e quindi all'introspezione, tuttavia producono effetti decisivi sul piano dello sviluppo evolutivo. Non solo: dai risultati dell'osservazione risulta chiaramente che nel suo primo anno di vita il bambino è in grado di creare specifiche aspettative nei confronti dei caregiver a seconda della tipologia dell'esperienza maturata. Tali aspettative vanno ad iscriversi nella memoria procedurale e costituiscono il campo di conoscenza implicita procedurale del bambino stesso. L' intersoggettività secondaria (9-12 mesi) è caratterizzata, invece, dall'essere essenzialmente triadica, dato che la comunicazione viene estesa anche a persone diverse dalla madre, oltre che dalla comparsa nel bambino del gesto di indicare. Questo gesto rappresenta una forma prelinguistica di comunicazione, infatti, indicando il bambino riesce ad attirare l'attenzione di un adulto verso l'oggetto, sia a formulare la richiesta per ottenere l'oggetto. Non solo: il passaggio dalla forma di interazione diadica a quella triadica consente al bambino di acquisire nuove competenze di tipo comunicativo e partecipativo, caratterizzate dalla coordinazione della diade nei confronti di oggetti terzi del mondo esterno, ed espandere quindi la coscienza. Per intersoggettività terziaria (12-18 mesi) infine, permette al bambino di assumere nelle interazioni sociali il punto di vista degli altri, cioè di comprendere una situazione da una prospettiva non solo propria ma anche altrui. Una volta che il bambino ha acquisito la capacità di comprendere la mente degli altri e di capirne le intenzioni e i motivi, e di condividerne le esperienze e di scambiare reciprocamente i ruoli, crea le condizioni per la comparsa del linguaggio. Il linguaggio consente di dare espressione linguistica alle immagini, ossia di nominare, ordinare, capire e collocare vari mondi: soggettivo, oggettivo, intersoggettivo (mondo quest'ultimo delle transizioni tra mondo soggettivo mondo oggettivo). L'Infant Research ha dimostrato come i neonati percepiscono da subito l'ambiente che li circonda e quanto essi siano estremamente attivi nell'imparare. In effetti l'apprendimento avviene già nella vita uterina attraverso l'ascolto di suoni come il battito del cuore della madre o il suo tono di voce, e va a formare la cosiddetta memoria implicita precoce. In tale memoria vengono forgiate le associazioni profonde fra intimità, ansia, amore, vergogna che diventano il cuore del nostro schema di attaccamento e della capacità di regolare l'emozioni. Inoltre la memoria implicita non richiede la partecipazione della coscienza ai processi di registrazioni, per cui non coinvolge il richiamo cosciente dei ricordi ed è mediata da strutture cerebrali già presenti alla nascita, quali l'amigdala ed altre regioni limbiche per la memoria emozionale, i nuclei della base e la corteccia motoria per la memoria comportamentale, la corteccia percettiva per la memoria percettiva; consente infine al bambino di costruire modelli e schemi mentali che funzionano automaticamente e sono alla base dell'esperienza con gli altri. Quanto alla memoria esplicita o dichiarativa essa prende avvio nel momento in cui all'incirca verso i due anni di età, il bambino non solo è in grado di ricordare e parlare di avvenimenti verificatisi nel corso della giornata o anche di esperienze più lontane nel tempo ma avverte anche l'esperienza soggettiva dell'essere in grado di ricordare. Peraltro, che nuove capacità emergano consegue alla maturazione del lobo temporale mediale e della corteccia orbito frontale, lo sviluppo di queste aree cerebrali permette ai bambini di avere ricordi espliciti. L'esplicita si articola in memoria esplicita semantica e memoria esplicita episodica. Il processo di registrazione delle due forme semantiche episodiche di memoria esplicita richiedono attenzioni consce dirette specifiche che portano attivazione dell'ippocampo.

Molti analisti contemporanei influenzati dalla ricerca in psicologia dello sviluppo hanno sostenuto che la comunicazione precoce madre bambino si svolge ad un livello affettivo, corporeo, prima dello sviluppo di abilità concettuali o simboliche da parte del bambino. Psicologi dello sviluppo come Tronik, Beatrice Beebe e Daniel Stern hanno constatato che il comportamento non verbale della madre e del bambino (lo sguardo, la postura, la tonalità affettiva) si influenzano reciprocamente ed in modo continuo, e sia la madre sia il bambino comunicano attraverso il linguaggio non verbale o ad un livello presimbolico. Le nostre prime esperienze relazionali avvengono dunque al di fuori del dominio linguistico, e sono simbolizzate o codificate a livello presimbolico, oppure come conoscenza relazionale implicita. La conoscenza relazionale implicita è la percezione vissuta che si esprime non in quello che diciamo, ma nel modo in cui agiamo e sentiamo nelle relazioni. Si tratta perciò di un tipo di conoscenza procedurale della conoscenza, che riguarda l'essere in relazione e che non è codificata al livello linguistico. Storicamente i procedimenti in virtù del quale l'inconscio viene reso conscio, o quello per cui la conoscenza relazionale implicita è tradotta in forma simbolica è stato considerato dagli psicoanalisti il meccanismo di cambiamento privilegiato. Il processo di simbolizzazione linguistica della conoscenza relazionale implicita offre infatti agli individui l'opportunità di riflettere sul modo in cui i loro presupposti prelinguistici, impliciti ed inconsci, danno forma al modo in cui comprendono le relazioni, interpretano le azioni e le intenzioni degli altri, agiscono nelle relazioni danno forma ai loro rapporti con gli altri, attraverso il modo in cui si comportano. Tuttavia nella teoria psicoanalitica contemporanea si riconosce sempre di più l'importanza dello scambio non verbale ed affettivo tra terapeuta e paziente in quanto meccanismo di cambiamento terapeutico in sé stesso.

A partire da numerose ricerche empiriche, Beebe e Lachmann hanno sviluppato un modello dell'autoregolazione e della regolazione reciproca delle emozioni basato sul concetto di equilibrio o di zona intermedia. Questi autori sostengono che l'individuo sano dal punto di vista psicologico ha la capacità di muoversi in modo flessibile avanti indietro tra: A-usare le proprie capacità di autoregolazione emotiva per regolare l'esperienza delle emozioni negative, B-usare la relazione con gli altri per regolare le proprie emozioni. La ricerca osservazionale sulla relazione madre bambino ha rivelato, che la sicurezza dell'attaccamento tende ad essere associata con una sintonizzazione affettiva tra madre- bambino di livello medio. Come ci si poteva aspettare abbastanza facilmente i bambini le cui madri non sono mai sintonizzate con loro sono di solito insicuri. Quando si verifica questo pattern il bambino tende ad affidarsi in modo eccessivo a strategie di regolazione autonoma. Tra queste attività si possono elencare il succhiarsi il pollice e l'evitare o distogliere lo sguardo dall'altro. La scoperta forse più interessante è però che anche i bambini le cui madri sono costantemente sintonizzate con loro tendono ad avere un attaccamento insicuro. Può essere dunque che la sintonizzazione eccessiva da parte della madre, rifletta un'ansia riguardante l'indipendenza del bambino e la separazione oppure alternativamente che un'eccessiva vigilanza da parte del bambino rifletta un'insicurezza riguardante la relazione o entrambe le cose. La capacità di regolare la propria esperienza affettiva in modo sano è una importante conquista evolutiva. Questa capacità si sviluppa nei bambini come effetto dell'esperienza di essere parte di un sistema interpersonale nel quale essi sperimentano la possibilità di influenzare o essere influenzati da qualcuno. Se il bambino piange, per esempio, la mamma prova a calmarlo; il bambino allora si rasserena e a sua volta la madre si tranquillizza. E' necessario che trascorra del tempo dopo la nascita prima che il caregiver si adatti al temperamento specifico e ai modelli caratteristici di cambiamento d'umore del bambino. Tuttavia, man mano che il tempo passa e si sviluppa un processo di adattamento reciproco, una certa prevedibilità nel sistema interpersonale emerge. Ciascun partner si trasforma e trasforma l'altro attraverso un processo di coordinazione dei ritmi del comportamento non verbale che avviene in modo costante. Inoltre, nella misura in cui si svolge un processo evolutivo sano, entrambi partner giungono a confidare nella prevedibilità del sistema. Questo tipo di fiducia implicita nella prevedibilità nel sistema consente al bambino di apprendere ad autoregolarsi, anche se il caregiver non gli sta prestando attenzione in quel momento,e, nello stesso tempo, gli consente di sapere come farsi consolare dal caregiver quando è necessario e come sentirsi rassicurato da lui o da lei.

Tronik ha mostrato che nelle normali interazioni faccia a faccia che avvengono tra madre bambino la coordinazione affettiva tra i due avviene per meno del 30% del tempo. I passaggi da stati di coordinazione a stati di scoordinazione e di nuovo alla coordinazione si verifica una volta ogni 3-5 secondi. Tronick ha ipotizzato che questo continuo processo di rottura e di riparazione interattiva svolga un ruolo importante nello sviluppo normale. Esso aiuta il bambino a sviluppare una forma di conoscenza relazionale implicita, che rappresenta sia il sé sia l'altro come capaci di riparare le rotture nell'essere in relazione. Questo tipo di conoscenza relazionale implicita e sicura svolge un ruolo adattivo nella vita quotidiana, perché consente alle persone di negoziare i loro bisogni di sintonizzazione e relazione attraverso tutta la loro esistenza. Essa offre loro il senso di efficacia personale e la fiducia negli altri che consentono di sapere che i conflitti interpersonali e le incomprensioni non costituiscono necessariamente una catastrofe. Questo paradigma offre un modello efficace per comprendere il meccanismo non verbale importante, attraverso il quale il processo per cui in terapia si elaborano le inevitabili incomprensioni e rotture della relazione terapeutica contribuisce a cambiare la conoscenza relazionale implicita del paziente. Tronik si è chiesto “perché gli esseri umani cercano con tanta determinazione degli stati di connessione affettiva ed intersoggettività e perché il fallimento nel conseguire una tale connessione sortisce effetti negativi sulla salute mentale del bambino? Tronik ha ipotizzato allora che ciascun essere umano sia un sistema che si autorganizza e crea i suoi stati di coscienza i quali possono espandersi in stati più complessi e coerenti attraverso la collaborazione con un altro essere capace di organizzazione autonoma. Da questa prospettiva, parte di ciò che accade nel processo terapeutico è che il paziente, nel formare una connessione amplificata dal punto di vista intersoggettivo con il terapeuta, sia capace di espandere la sua coscienza al punto da includervi nuove informazioni, e in modo tale che quest'ultima diventi più completa e coerente. Il terapeuta non fornisce semplicemente informazioni supplementari al paziente, ma piuttosto è il processo di connessione intersoggettivo con il terapeuta a consentire al paziente di espandere e riorganizzare la sua coscienza ad un livello di complessità più alta.

 

Daniel Stern

[caption id="attachment_1563" align="alignnone" width="147"]Stern Stern[/caption]

Fin dal periodo neonatale, cresciamo dentro una matrice intersoggettiva e sviluppiamo una forma primitiva di intersoggettività che Stern definisce “nucleare” sebbene creda che l'esperienza di interazione con l'altro non possa essere considerata esperienza d'intersoggettività in senso stretto prima dei 7-9 mesi, cioè prima di quando il bambino inizia a rendersi conto che ogni persona possiede stati interni, o stati mentali, potenzialmente condivisibili con gli altri. La condivisione degli Stati effettivi costituisce un'importante e diffusa forma di partecipazione delle esperienze soggettive che si sviluppa negli scambi comunicativi tra il bambino e la madre nel corso del primo anno di vita. Anche se importante secondo Stern lo scambio affettivo non si può considerare scambio intersoggettivo nel senso proprio del termine, se non è garantito dalla presenza di tre condizioni: la capacità della madre di leggere lo stato affettivo del bambino nel suo comportamento manifesto; quindi, che il comportamento materno non sia l'esatta riproduzione del comportamento del piccolo, ma esprima in qualche modo risonanza con il suo stato affettivo; infine, la capacità del bambino di capire che la risposta materna è connessa a ciò che egli stesso sta provando. In tal senso Stern sottolinea che la semplice imitazione di un'azione facciale o di un gesto del bambino da parte della madre, particolarmente frequente nell'interazione nel corso del primo semestre di vita, non garantisce uno scambio intersoggettivo degli affetti, perché tende a mantenere l'attenzione sul comportamento manifesto, e la condivisione al livello dell'azione. In altre parole, nel caso della semplice imitazione il piccolo può comprendere che la madre è partecipe della sua azione, ma non necessariamente che è anche partecipe del suo stato d'animo. Diversamente, nel caso del comportamento che Stern identifica come “sincronizzazione degli affetti”, con cui la madre non riproduce il comportamento manifesto del piccolo ma un qualche aspetto di esso la prima (per esempio l'intensità e il ritmo) che ne riflette lo stato d'animo, il bambino può facilmente comprendere la partecipazione materna alla sua esperienza interiore e vivere con la madre una condivisione di stati affettivi. La sintonizzazione degli affetti appare con una certa frequenza nell'interazione madre bambino soprattutto dagli 8-9 mesi di vita, come se le madri, commenta Stern, intuissero che a quell'età il bambino ha sviluppato una nuova prospettiva soggettiva che gli permette di essere un potenziale partner intersoggettivo. Ciò che caratterizza la sintonizzazione è l'espressione transmodale della qualità dello stato affettivo percepito del bambino da parte della madre. Stern riporta molteplici esempi. Tra questi: “un bambino di otto mesi e mezzo protende silenziosamente le braccia e le dita per cercare di afferrare un giocattolo, che si trova appena al di fuori della sua portata. Mentre si spinge avanti al massimo anche con tutto il corpo in direzione del giocattolo la madre esclama: Uuuuuh! Uuuuuuuh!” in un crescendo di sforzo vocale e respiratorio che accompagna il crescendo dello sforzo fisico del bambino. Nell'esempio alla madre utilizza il canale vocale per esprimere la sua sintonizzazione con l'esperienza interiore di sforzo del bambino, manifestata dalla tensione dei movimenti del suo corpo; in particolare, il profilo dell'intensità e la durata della localizzazione materna corrispondono al profilo in crescendo dello sforzo di movimento del bambino. Per Stern quindi ciò che presiede principalmente alla sintonizzazione affettiva è lo stato interiore del partner, anziché il suo comportamento manifesto. La corrispondenza transmodale del comportamento, attraverso l'analogia non verbale e la metafora rimodella, l'esperienza della risonanza emotiva in un tipo di sensazione o di stato interiore che Stern chiama “forme del sentire”. Le forme del sentire diventano il referente di ciò su cui ci si sintonizza, facilitando così la simbolizzazione. Per Stern, la sintonizzazione affettiva rappresenta un ponte tra la mente presimbolica e la mente simbolica. Strano suggerisce che le esperienze positive di sintonizzazione definiscano ciò che è condivisibile, ciò che può essere convalidato, mentre le esperienze negative di sintonizzazione definiscono la parte del sé che non può essere convalidata; quest'ultime costituiscono potenziali esperienze “non me”. Stern, a differenza di altre teorie psicoanalitica, precisa che queste esperienze possono derivare anche da quelle forme che interessano la regolazione affettiva da forme non verbali o implicite di mancata convalida con il caregiver.

 

Beatrice Beebe

[caption id="attachment_1554" align="alignnone" width="369"]Beebe B. Beebe B.[/caption]

Beebe ricercatrice e psicoanalista ha lavorato per molti anni accanto a Daniel Stern introducendo, soprattutto nella pratica clinica nuovi punti di vista. Questa autrice cerca di coniugare la ricerca avanzata con l'esperienza clinica, occupandosi in particolare dell'interazione madre-bambino, consapevole del fatto che i processi fondamentali che regolano l'interazione, originariamente a livello non verbale, restano gli stessi per tutta la vita. I suoi studi sull'interazione precoce fra neonati e figure di riferimento, condotti attraverso la codifica di particolari registrazioni, che potessero prendere in considerazione l'intensità dello scambio vocale tra madre bambino di 3-4 mesi, ha condotto l'autrice a confermare come l'interazione sia bi-direzionale, sperimentata in forma ripetuta, tale da permettere ai bambini di organizzare l'esperienza ed infine co-costruita. Grazie a questi studi è stato possibile inoltre, osservare come il ritmo vocale già quattro mesi sia simile a quello degli adulti e il sistema biologicamente preformato. Ciò che, però li ha resi sorprendenti è stata la possibilità di comprendere più a fondo il modello della regolazione: non influenza reciproca, infatti, ma il grado di coordinazione è risultato essere predittivo dell'attaccamento e, comunque, non prima dei 12 mesi. La mutua regolazione eccessiva provocava alti livelli di quella che si chiama arousal, cioè atteggiamenti di risveglio, vigilanza, controllo eccessivo, mentre quella inibita corrispondeva ad una inibizione del coinvolgimento. Solo nei gradi intermedi non si osservava patologia: la flessibilità risultava dunque essere alla base dell'attaccamento sicuro. Un'altra serie di importanti ricerche dell'autrice ha riguardato i meccanismi che regolano l'influenza nel processo di interiorizzazione della relazione durante il primo anno di vita. In particolare tre meccanismi paiono essere significativi. Uno il principio di regolazione attesa, principio sovrano fra i tre attraverso cui si può comprendere come proprio per le regolazioni attese, previste invarianti, creano una serie di aspettative capaci di organizzare la vita del bambino. Attraverso il ripetersi dell'esperienza, ci si costruisce uno schema a cui entrambi i poli della relazione, seppur in maniera differente, hanno collaborato, soprattutto in termini di previsione del comportamento altrui. Poi c'è il principio dell'errore e della riparazione che implica una profonda connessione tra quello che rappresenta l'inatteso, che modifica o rompe lo schema primariamente prefissato, e la capacità di riparare tale rottura. Il terzo è il principio degli intensi momenti emotivi, il quale implica la capacità che particolari momenti siano essi positivi o negativi, possono lasciare il segno nella vita relazionale di madre e figlio, organizzando la psiche e lo sviluppo, generando modificazioni osservabili nei comportamenti successivi. Questi tre principi operano insieme è consentono al bambino di formarsi delle categorie generalizzate e dei modelli di interazione, offrendo ai clinici un modello di comprensione della rappresentazione pre-simbolica e del processo di interiorizzazione che si attua nel primo anno di vita. Poiché i tre principi interagiscono devono forzatamente essere considerati insieme affinché una rottura possa verificarsi, infatti, deve primariamente esserci stata una prevedibilità di regolazione. L'errore-riparazione crea l'aspettativa che il rapporto possa durare ed essere mantenuto anche nella crisi. Quindi queste ricerche ci consegnano un bambino dotato fin dalla nascita di un bagaglio di competenze, comunicative e discriminative, volte ad assolvere un suo bisogno fondamentale: quello di entrare in relazione con l'altro da sé. Ma per sviluppare le proprie potenzialità è chiaro che il bambino necessita di un adulto capace di entrare in sintonia, “innamorandosi” di lui. E' nello scambio infatti che il bambino può crescere, sperimentando e ampliando quelle dotazioni di base con cui si è affacciato al mondo.

La regolazione di se stessi e dell'altro è in sospensione quando questi principi sono realizzati, mentre scatta all'improvviso quando vengono violati. Se una sequenza di scambi affettivi comportamentali, cui si è abituati, viene disattesa, l'omeostasi è in pericolo, e il bambino dovrà trovare nuovi modi per regolare l'ansia, a meno che il genitore empatico non intervenga con qualche approccio calmante. L'importante è che nelle oscillazioni in più o in meno si possa sempre tornare ad un punto di equilibrio. L'Infant Research ha compreso e dimostrato che la via del benessere non è la semplice sintonizzazione positiva, ma piuttosto la possibilità di oscillare tra sintonia e dissintonia senza cristallizzarsi in un punto di non ritorno. Questi momenti dell'Inter soggettività primaria, questa sintassi preverbale sono pure alla base della clinica adulta: non solo nei casi gravi ma anche negli scambi quotidiani in seduta. La regolazione interattiva nella clinica adulta ci può far immaginare un certo profilo che si ripete: L'analista, spesso senza saperlo ha come obiettivo implicito di ogni seduta di regolare lo stato d'animo del paziente; ora lo fa col ritmo e la profondità del respiro, inconsapevolmente, ora disattivando un'attenzione divenuta troppo vigile, distraendo lo sguardo da un'eccitazione eccessiva del paziente con effetto calamita; ora lo fa coi mille mugugni e cigolii della sedia, con ritmi e toni che comunicano sensazioni diverse. Lo fa con la parola: lo fa col tono, la prosodia e il ritmo come cantilena di una nenia materna o come scarica elettrica che risveglia un flusso mellifluo. Lo fa con i significati della parola più modesta e quelli dell'interpretazioni “illuminata”, quella che offre un involucro sonoro, e narrativo, prima ancora che semantico, agli stati d'animo del paziente che sembrano oscuri. Ma l'analista, in questo modo, contemporaneamente si autoregola: l'attenuazione del suo ritmo del respiro simultaneamente lo calma; il tono che spezza l'eccitazione del paziente distoglie contemporaneamente la sua attenzione soffocante; la parola ninnananna lo pacifica; il significato di un'interpretazione illuminata lo fa sentire contento, capace, creativo. E tutto questo avviene anche nel paziente. L'autoregolazione prende piede invece, quando l'altro della diade stacca il contatto. Allora sia l'analista sia il paziente, provvedono a calmierare i propri stati d'animo, trovando quegli accorgimenti già incontrati nell'infanzia: muovere le dita, le mani, toccarsi i capelli, mormorii, deviazione dello sguardo, battere i piedi ecc. riportano l'equilibrio psicofisico. Tutto questo accade con un attimo d'anticipo sull'altro. Nella diade intersoggettiva l'anticipo è di casa: i comportamenti noti nell'altro hanno finito col costituire uno schema noto, automatico. I passi di danza sono stati interiorizzati, così il ritmo e le aspettative delle interazioni. Basta un gesto per far capire al bambino qualche probabile interazione lo aspetta. Basta un gesto per predisporlo a un'interazione diversa. Per concludere va precisato che il senso della riparazione di Beebe è un concetto molto diverso da quello kleniano e da quella corrente di psicoanalisi. Nella teoria kleniana, il contesto in cui avvengono le riparazioni è quello depressivo, dove l'oggetto è stato attaccato e quindi risarcito, nell'atmosfera della colpa. Il contesto proposto dalla Beebe, invece, è interattivo, e richiama una metafora artigianale: aggiustare qualcosa di rotto. La klein introduce un movimento intrapsichico, che pone in primo piano la tessitura della colpa e della preoccupazione per aver danneggiato l'oggetto in fantasia: rispetto a questo fa una riparazione e passa dalla posizione schizoparanoide a quella depressiva dove l'oggetto è intero e non scisso. Beebe quando parla di rottura, introduce, invece, un comportamento interattivo, che mostra la disconnessione della relazione, la rottura avvenuta e, propone una variante che riduce lo strappo: non postula necessariamente che la rottura abbia arrecato un danno all'interazione, anzi la vede come un processo per un possibile cambiamento.

 

Il modello dell'espansione diadica di coscienza di Tronick

Questo modello sostiene che nel contatto emotivo avviene un allargamento della coscienza. Specifici stati affettivi emergono solo all'interno di una qualsiasi interazione, per esempio quella del bambino con la propria madre. Questi stati affettivi da soli non possono essere prodotti cioè essi non sono né nel bambino né nella mamma, ma sono nell'interazione tra i due, la quale trasferisce il suo clima affettivo e cognitivo dentro l'individuo includendo lo stato dall'altro, il processo appunto dell'espansione diadica dello stato di coscienza. Il bambino, per esempio, che si sente rassicurato dalla madre, prende dentro di sé questo stato affettivo espandendo il senso di sé e del mondo, un senso inaccessibile da solo senza quella esperienza specifica con la propria madre che lo rassicura. Ecco perché gli esseri umani ricercano con forza il contatto emotivo, perché non possono espandersi da soli, perché il cervello non cresce senza l'interazione con l'ambiente o perché restiamo limitati allo sviluppo raggiunto se non seguono esperienze di espansione che ci fanno crescere. Quindi la risposta alla domanda di cosa rende tanto importante la relazione con gli altri sta proprio nel bisogno e nella forza che guida verso il contatto emotivo con l'altro per acquisire significato e quest'incontro ha effetti sullo stato di coscienza che si espande includendo lo stato dell'altro che incontriamo. Questo modello della regolazione reciproca dell'espansione diadica si offre alla comprensione non solo dello sviluppo infantile ma si estende a tutte le età in quanto ad ogni età si continuano le interazioni per la costruzione del nostro significato e della nostra visione soggettiva del mondo. E' il potere della relazione fra soggetti che può creare anche casualmente le opportunità per connessioni che facilitano l'acquisizione di significato e la conseguente espansione della soggettività. L'indagine in terapia quando facilita questo processo di connessioni che arricchiscono il nostro senso del mondo diventa un luogo privilegiato per la nostra espansione affettivo/cognitivo. All'uso della parola nella terapia ora si aggiunge anche la modalità mentale implicita. Questo processo di espansione sicuramente può essere visto all'interno dei passaggi nella terapia da stati affettivi presimbolici e preverbali indifferenziati ad una espansione di questi stati affettivi in simbolici e verbali attraverso l'interazione con lo stato mentale del terapeuta.

 

 

 

 

Riferimenti bibliografici

Beebe B. Lachmann Frank M., Infant Research e trattamento degli adulti. Cortina 2003

Carli. L. Rodini. L'implicito e l'esplicito nelle relazioni interpersonali, Cortina 2007

Lavelli. Intersoggettività. Origini e primi sviluppi. Cortina 2007

Mancia M. Sentire le parole. Archivi sonori della memoria implicita e musicalità del transfert, Boringhieri, 2004;

Riva Crugnola. Il bambino e le sue relazioni, Cortina 2007;

Stern D. Il mondo interpersonale del bambino, Boringhieri 1987

Tronick E. La regolazione emotiva. Cortina 2008