La soggettività e l'intersoggettività - Associazione Essere Con
20 aprile 2017

La soggettività e l'intersoggettività

La soggettività e l'intersoggettività

La soggettività e l'intersoggettività

a cura di Ivano Frattini

 

L'intersoggettività è la capacità di condividere, conoscere, comprendere, empatizzare con, sentire, partecipare, risuonare con, entrare nell'esperienza soggettiva vissuta di un'altra persona. Una specie di lettura del pensiero non magica, attraverso l'interpretazione di comportamenti manifesti come la postura, il tono della voce, il ritmo del discorso, l'espressione del viso, così come dei contenuti verbali. L'idea centrale su cui si basa l'Intersoggettività è che nasciamo con una capacità di partecipare all'esperienza dell'altro. Questa base è il fondamento mentale, il punto di partenza evolutivo per una prima forma di intersoggettività che viene chiamata “intersoggettività nucleare”. L'intersoggettività a livello neurologico viene confermata dalla scoperta dei neuroni specchio. Questi neuroni specchio si eccitano in un osservatore che non sta facendo altro che guardare un'altra persona che compie un'azione. In breve si eccitano nell'osservatore la stesse aeree motorie del cervello come se stesso facendo lui quel gesto. Questo ci permette una partecipazione diretta alle azioni di un altro senza doverle imitare. Sperimentiamo l'altro come se stessimo eseguendo la stessa azione o provando la stessa emozione. Questa partecipazione alla vita mentale di un altro crea un senso di condivisione e di comprensione degli altri e in particolare delle loro intenzioni e sentimenti. Possiamo parlare di una intersoggettività primaria ed una secondaria. La prima è una forma di Intersoggettività fondata soprattutto sull'imitazione e l'azione. Esempio: In un esperimento condotto su un bambino in età pre-verbale ovvero prima dei due anni si assiste a questo: il bambino guardava uno sperimentatore che fingeva di voler estrarre una manopola posta all'estremità di un oggetto simile ad un manubrio ma non ci riusciva. Il bambino a cui viene dato lo stesso oggetto tentò di fare la stessa cosa riuscendoci e mostrandosi compiaciuto. Se invece al posto dello sperimentatore vi era un robot programmato a compiere le stesse azioni fallimentari dello sperimentatore reale, il bambino quando gli veniva data l'opportunità, non provava a tirar fuori la manopola, sembrava presupporre che solo le persone, e non i robot, hanno intenzioni che vale la pena di inferire ed imitare. Mentre nell'intersoggettività secondaria, che avviene dopo i 9 mesi circa dalla nascita, vi è l'acquisizione da parte del bambino di percepire le intenzioni dell'altro. Esempio: In un esperimento un bambino ancora nella fase preverbale osservava lo sperimentatore che prendeva un oggetto e “provava” a metterlo dentro un contenitore. Lo sperimentatore lasciava cadere l'oggetto a terra, cosicché l'obiettivo dell'intenzione non veniva raggiunto. Più tardi, quando il bambino veniva riportato sulla scena e gli veniva dato il medesimo materiale, prendeva l'oggetto e lo metteva direttamente nel contenitore; in altre parole metteva in atto l'azione che pensava fosse nell'intenzione, e non quella che aveva visto.

Gli esseri umani sono una specie relativamente priva di difese. Sopravviviamo grazie al nostro cervello e alle attività coordinate di gruppo. L'umanità dipende dalla formazione di gruppi (famiglie, tribù, società) e da una coesione di gruppo pressoché costante. Molte capacità e motivazioni diverse agiscono insieme per formare e mantenere il gruppo: legami di attaccamento, attrazione sessuale, gerarchie di potere, amore e socialità. L'Intersoggettività può aggiungersi a questa lista. In linea generale il sistema motivazionale intersoggettivo riguarda la regolazione dell'appartenenza psicologica vs la solitudine psicologica. Ai due estremi ci sono, da un lato la solitudine cosmica e dall'altro la trasparenza mentale, la fusione, la sparizione del Sé nell'altro. Il sistema motivazionale intersoggettivo regola la zona di benessere intersoggettivo di ognuno di noi, che si trova tra i due estremi. Il punto esatto di benessere dipende dal ruolo che una persona ha nel gruppo, dalle persone con cui interagisce e dalla storia personale delle relazioni presenti in quel momento. Il punto di continuum deve essere costantemente negoziato attraverso una sintonizzazione accurata. La posta in gioco è troppo alta perché non sia così. In gioco ci sono l'intimità psicologica e l'appartenenza, che esercitano un ruolo potente nella formazione e nel mantenimento del gruppo. L'appartenenza psicologica è diversa dai legami fisici, sessuali, di attaccamento o dipendenza. È un ordine di relazione distinto: una forma d' appartenenza che è unica del genere umano e che ha fatto fare un enorme salto quantitativo e qualitativo alla nostra specie. Si può pensare che questo salto sia dovuto in realtà al linguaggio, ma senza l'Intersoggettività il linguaggio non si sarebbe sviluppato. Per la sopravvivenza è un vantaggio stare tutti insieme, fisicamente vicini per proteggerci dal pericolo dell'ambiente, si tratti di automobili, prese elettriche o altre persone ed anche per poter esplorare per imparare come è fatto il mondo. L'attaccamento è finalizzato alla vicinanza fisica e alla costruzione del gruppo, piuttosto che all'intimità psicologica. Molti individui “fortemente” attaccati non condividono e sopportano la vicinanza psicologica e l'intimità (piuttosto il contrario). Per questo è necessario un altro sistema, il sistema intersoggettivo. La capacità di leggere le intenzioni e i sentimenti degli altri consente una coordinazione dell'azione di gruppo estremamente flessibile. Oltre al linguaggio nel genere umano si è sviluppato un ricchissimo repertorio di espressioni facciali e vocali, paralinguistici, che presumono la capacità intersoggettiva all'interno del gruppo. In breve l'Intersoggettività porta dei vantaggi alla sopravvivenza del gruppo. Promuove la formazione del gruppo e consente un suo funzionamento più efficiente, rapido, flessibile e coordinato. Fornisce anche le basi per il ruolo della moralità nel mantenere la coesione del gruppo e del linguaggio per facilitare la comunicazione. Riassumendo la motivazione dell'attaccamento è una motivazione basata sulla sicurezza e sul bisogno di sentire vicino una figura di riferimento che ci protegge, mentre l'Intersoggettività o la motivazione intersoggettiva, a differenza dell'attaccamento, esprime un bisogno di intimità psicologica, di vicinanza all'altro, di condivisione delle sue intenzioni, pensieri ed affetti. Un bisogno necessario legato all'orientamento intersoggettivo è quello di definire, mantenere o ristabilire l'identità e la coesione del nostro Sè. Per dare a noi stessi forma e coesione abbiamo bisogno degli occhi dell'altro. Ma è attraverso la relazione fra soggetti, sia nella forma di attaccamento e sia nella forma intersoggettiva, che si veicola un'altra dimensione essenziale ed importantissima per la vita di ogni essere umano: La regolazione degli affetti.

Soggettività e intersoggettività.

Analizzando la parola intersoggettività si nota che è composta da :

-Inter (tra) dove si intende che ci sono almeno due persone, che esiste qualcosa tra loro, un mezzo che le pone in relazione.

-Soggettività che indica che queste persone sono dei soggetti che fanno esperienza attivamente.

Quindi intersoggettività potrebbe avere questo significato:

a- due soggetti indipendenti, con una loro storia e un loro mondo psichico interno;

b- ciascuno dei due soggetti è in relazione con l'altro;

c- questa relazione modifica ciascuno dei due soggetti.

Ma è sempre così? Partendo dal dato che il mutuo riconoscimento fonda l'intersoggettività e che essa presuppone il riconoscimento di due persone indipendenti e interdipendenti, se incominciamo a dire che soggettività ed intersoggettività hanno un comune denominatore che è quello di una tensione costante tra l'essere soggetto e l'essere oggetto, la questione inizia a complicarsi poiché essere oggetti equivale a dire non essere indipendenti e soggetti. Nella vita si diventa continuamente inter-scambiandosi soggetti di se stessi e per gli altri o oggetti di se stessi e per gli altri. Il benessere potremmo dire sta nell'oscillazione ed equilibrio di queste due posizioni. Se una persona è solo oggetto, può incappare in stati depressivi, ovvero non percepisce se stesso come Soggetto vivendo solo come oggetto tra tanti oggetti, di cui ha bisogno. Mentre se una persona è solo soggetto, può avere difficoltà narcisistiche o schizoidi (ritiro dagli altri) ampliando solo la sua pretesa di unicità e trascurando di essere anche oggetto tra oggetti, negando i suoi bisogni dell'altro. L'essere solo soggetto pretende indipendenza senza relazione. L'essere solo oggetto pretende dipendenza dagli altri. Quando non si effettua questa distinzione tra queste due polarità si entra nella confusione tra reciprocità ed influenza creando quella falsa diatriba tra l'io e l'altro dove sembra che l'uomo o sia un essere isolato in maniera assoluta da tutto il mondo o come sostenuto in tante varie correnti oggi denominate “Intersoggettive” o in filosofia nelle correnti “Postmoderne” dove siamo solo continuamente nello spazio intersoggettivo (e questo è vero) perdendo e frantumando la propria soggettività. Ciò non può essere e genera anche confusione e contraddizione tra il “ME” e l'”ALTRO”, dove certamente siamo sempre in relazione, ma non siamo sicuramente la stessa cosa: Io e l'altro. Dire che siamo necessariamente in relazione non vuol dire che siamo identici. Non si può togliere la soggettività ,come non si può togliere l'essere in relazione. Come accennato prima questo crea anche una ulteriore confusione fra i termini reciprocità ed influenza. Reciprocità indica un legame, influenza indica gli effetti del legame. Reciprocità non ci dice quanto uno influenzi l'altro: tra reciprocità ed influenza c'è il filtro della soggettività, che determinerà, a seconda dell'influenza, una risposta. Un'altra grande confusione influenza le tematiche che stiamo affrontando ed è quella tra la contraddizione e il contraddirsi. Oggi da più parti in nome del principio dell'indeterminatezza del mondo e della fine e distruzione di ogni verità assoluta, si suol dire che anche il principio di non contraddizione di aristotelica memoria ha esaurito il suo scopo. Questo principio afferma: A è A e non è B. Io sono io e non sono un altro. Qui si genera una grande confusione che a mio avviso crea una grandissima instabilità in tutti i contesti della vita: io posso essere anche un altro. Se questo è possibile e vero potrei dire che sono un albero. Questa è pura follia. Ma dove risiede l'inghippo? Io posso pensare follemente di non essere io ed essere un altro, delirare di essere un albero, ma questo non vuol significare che io sono effettivamente un altro od un albero. Credo di esserlo, ma non lo sono. Da qui la possibilità da parte dell'uomo di potersi contraddire, questo però non significa che il mondo è contraddizione. Questo è un argomento spinoso che in questa sede non si può assolutamente affrontare nella sua pienezza, ma importante per capire che molte diatribe o idee conflittuali sono frutto dell'uomo e non del mondo. Si potrebbe obbiettare che anche l'uomo fa parte del mondo, certo; il problema nasce perché l'uomo ha quella grandiosa possibilità di pensare il mondo. Ed è’ proprio il rapporto tra pensiero ed esperienza che ha creato anche qui molteplici confusioni, fra i fautori del pensiero quindi coloro che cercano la spiegazione e l’oggettivazione delle cose, e coloro che sono invece fautori del mondo esperienziale, dicendo che le cose si colgono solo nel fare esperienza e quando si pensa a questa esperienza si esce fuori dall’autenticità della situazione. (vedi tutta la corrente filosofica della fenomenologia). Ma credo che il problema che ha fatto nascere tante scuole di pensiero, sia abbastanza impossibile che accada negli essere umani . Anche sforzandoci al massimo è impossibile che possiamo essere sempre nell’uno o nella altra modalità. Possiamo vedere le cose da questa prospettiva: Il sé chiamiamolo “esperiente” è innanzi tutto qualcuno che fa esperienza. Sperimenta in modo irriflesso il corpo, i suoi stati somatici, il mondo, l'altro. E poi fa ritorno a se stesso e all'alterità, riflessivamente. E non solo in modo verbale, simbolico, rappresentazionale: ma prima ancora in modo procedurale, preriflessivo, modificando e correggendo, e aggiustando se stesso e il mondo, per quanto gli sia possibile. La piramide cartesiana è rovesciata: dal sé razionale, riflessivo non discende più l'esperienza, il mondo, il corpo. Ma ciò non significa che il sé si nullifica. Significa piuttosto che nel sé esperiente, l'esperienza precede la riflessione razionale. La ragione, la riflessione si rivolge a se stessa e al mondo, in un momento successivo; resterà iscritta in un registro parallelo, accanto a un sé esperiente che è in azione su di sé, sul corpo e sul mondo, da subito.