La neurobiologia delle emozioni - Associazione Essere Con
20 aprile 2017

La neurobiologia delle emozioni

La neurobiologia delle emozioni

 

La neurobiologia delle emozioni

Storia ed evoluzione

Le emozioni, nonostante alcuni autorevoli pensatori, nel corso della storia del pensiero occidentale, ne abbiano riconosciuto l’immenso valore per la comprensione della natura umana (basti pensare a quanto ne hanno detto filosofi illustri come Hume, Pascal, Spinoza per risalire indietro nel tempo fino ad Aristotele), sono rimaste vittima di quel paradigma, dominante nella tradizione epistemologica occidentale, che affonda le sue radici nella convinzione della filosofia platonica che le emozioni, gli istinti e le passioni siano quanto di più lontano esista dalla nostra anima razionale.

Si tratta di un punto di vista che secondo Damasio si `e imposto da Platone fino all’età contemporanea e che, individuando nelle emozioni un elemento di disturbo rispetto alla razionalità, nel discorso sul rapporto tra ragione ed emozione ha spostato l’asse dell’attenzione sulla prima trascurando le seconde e, soprattutto, trascurando l’importanza che le seconde hanno nei processi che riteniamo espressione della nostra razionalità.  Quindi fino alla fine del XIX sec. si pensava che la generazione di una emozione consistesse in una sequenza di eventi. Dapprima una persona riconosceva un evento temibile, per esempio l’avvicinarsi di un qualsiasi pericolo.

Questo riconoscimento di un pericolo eminente produceva nella corteccia cerebrale un’esperienza cosciente- paura- che innescava cambiamenti inconsci nel sistema nervoso autonomo del corpo, con un conseguente aumento della frequenza cardiaca, la costrizione dei vasi sanguigni, l’aumento della pressione sanguigna e la sudorazione delle mani. Inoltre dalle ghiandole surrenali venivano rilasciati alcuni ormoni. Nel 1884 W. James capovolse radicalmente questa visione. James ha avuto la profonda intuizione che non solo il cervello comunica con il corpo ma accade che anche quest’ultimo comunica con il cervello. James ipotizzò che l’esperienza cosciente delle emozioni avvenisse dopo la risposta fisiologica del corpo.

Così in una situazione come quelle precedente di un immediato pericolo- come l’avvicinarsi di una tigre- non valutiamo consapevolmente la ferocia della tigre per poi avere paura. Piuttosto, prima rispondiamo istintivamente ed inconsciamente alla vista della tigre- scappiamo via- e solo in seguito proviamo paura cosciente. In altre parole prima elaboriamo uno stimolo emozionale dal basso verso l’alto, e a questo punto proviamo un aumento della frequenza cardiaca e della respirazione, che ci fa fuggire dalla tigre, poi elaboriamo lo stimolo emozionale dall’alto verso il basso, ed a questo punto usiamo la cognizione per spiegare i cambiamenti fisiologici associati alla nostra fuga.

Il pericolo fa parte della vita e il cervello è responsabile della sua rivelazione e dell'organizzazione della risposta conseguente. L'informazione sensoriale del mondo arriva attraverso gli occhi, il naso, le orecchie e la pelle. Queste sensazioni convergono nel talamo, un'area del sistema limbico. Il talamo mescola tutti gli input delle nostre percezioni in una specie di minestrone autobiografico ben amalgamato , e lo fa diventare un'esperienza integrata e coerente del “questo e quello che sta accadendo a me”. Le sensazioni vengono poi trasmesse in due direzioni: in basso, verso l'amigdala, e in alto, verso i lobi frontali, dove raggiungono la consapevolezza cosciente. Ledoux definisce il percorso verso l'amigdala via breve mentre quelle verso le cortecce prefrontali la via lunga, poiché come già abbiamo visto, richiede diversi millisecondi in più nel bel mezzo di una esperienza minacciosa sopraffacente.

Tuttavia l'elaborazione del talamo può interrompersi, così che le informazioni visive, uditive, olfattive e tattili vengono codificate come isolate, come frammenti dissociati, di-integrando l'elaborazione normale della memoria: la dimensione temporale si congela e il pericolo presente sembra durare per sempre. La funzione principale dell'amigdala è quella di individuare se l'informazione in entrata sia rilevante o meno per la nostra sopravvivenza.

L'amigdala svolge questa funzione in modo rapido ed automatico, grazie all'aiuto del feedback dell'ippocampo, una struttura vicina, che confronta la nuova informazione con le esperienze passate. Se l’amigdala riconosce una minaccia, invia un messaggio istantaneo all'ipotalamo e al tronco encefalico, che secernono l'ormone dello stress, sollecitando il sistema nervoso autonomo (SNA) ad organizzare di concerto una risposta di tutto il corpo. Poiché l'amigdala elabora le informazioni che riceve dal talamo più velocemente dei lobi frontali, “decide” se le informazioni in arrivo costituiscano una minaccia per la nostra sopravvivenza, anche prima di poter essere consapevoli del pericolo stesso.

Prima di realizzare ciò che sta accadendo, infatti, il nostro corpo può essere già in movimento. I segnali di pericolo dell'amigdala innescano il rilascio di potenti ormoni dello stress, come il cortisolo e l'adrenalina, che aumentano la frequenza cardiaca, la pressione arteriosa sanguigna e la frequenza respiratoria, preparandoci ad attaccare o a scappare. A pericolo scampato il corpo ritorna piuttosto velocemente ad uno stato normale. Ma se la ripresa si dovesse bloccare, il corpo è sollecitato a difendersi, con conseguente agitazione e costante stato di attivazione. Se in condizioni normali l'amigdala funziona abbastanza bene nel captare i segnali di eventuali pericoli, situazioni di trauma fanno si che nell'amigdala aumenti il rischio di interpretare male il significato di una situazione rischiosa o sicura.

L'amigdala quindi è un rivelatore dell'intensità delle emozioni mentre i lobi della corteccia prefrontale sono come una torre di controllo che offre una panoramica dall'alto(cognitivo) delle emozioni: l'odore di fumo che sentiamo è il segnale che la nostra casa è in fiamme e dobbiamo prepararci a scappare velocemente, oppure proviene dalla nostra pietanza che stiamo cucinando a fuoco troppo alto? L'amigdala non da simili giudizi, ci prepara semplicemente ad attaccare o fuggire, prima ancora che i nostri lobi frontali abbiano la possibilità di procedere a valutazioni ponderate. Se non si è troppo agitati, i lobi frontali possono ripristinare l'equilibrio, aiutandoci a farci realizzare che si sta rispondendo ad un falso allarme, interrompendo la risposta allo stress.

Questa è la capacità di regolazione affettiva. Di solito, le capacità esecutive della corteccia prefrontale consentono alle persone di osservare quello che sta succedendo, di prevedere cosa accadrà se agiranno in un certo modo e di compiere scelte consapevoli. Essere in grado di stare- in modo calmo ed oggettivo- con i propri pensieri, emozioni e sentimenti, per poi prendersi il tempo di rispondere, permette al cervello esecutivo di inibire, organizzare e modulare le reazioni automatiche cablate del cervello emotivo (sistema limbico in particolare l'amigdala).

Questa capacità è fondamentale pre preservare le relazioni con gli altri esseri umani. L'emozione quindi non è contrapposta alla ragione; le nostre emozioni assegnano un valore all'esperienza e, pertanto, sono alla base della ragione. L'esperienza di sé è il prodotto dell'equilibrio tra il cervello emotivo e quello razionale. Quando questi due sistemi sono in equilibrio, ci sentiamo noi stessi. Tuttavia quando è in gioco la nostra sopravvivenza, questi sistemi possono funzionare in modi relativamente autonomi.

STRESS

Lo stress è il tentativo di mantenere un equilibrio eliminando o riducendo una discrepanza. Le strutture cerebrali che agiscono in tale processo includono l'ippocampo, l'amigdala e le aree della corteccia prefrontale, che attivano un circuito neuroendocrino (ipotalamo-ipofisi-surrene) e un circuito basato sul sistema nervoso periferico, in grado di attivare la risposta fisiologica e psico-comportamentale della persona. Il sistema limbico in connessione bidirezionale con la corteccia (soprattutto prefrontale) supporta le emozioni e la cognizione, ovvero le attività che assegnano significati e tono emotivo agli stimoli esterni ed interni, utilizzando a tal fine i circuiti della memorie implicite e d esplicite. Tramite queste strutture il sistema cervello-mente modula l'attivazione degli apparati biologici, la cui attività retroagisce sul cervello e sulla mente stessa.

L'ipotalamo, collocato tra i centri della base del cervello, è la struttura comune attivatrice dei circuiti dello stress. I nuclei ipotalamici svolgono un ruolo fondamentale in due funzioni differenti, ma strettamente correlate tra di lor: la produzione degli ormoni, e quindi delle funzioni fisiologiche vegetative; l'espressione di svariati comportamenti elementari, tra cui i ritmi sonno/veglia, le sensazioni di fame e di sete, la temperatura corporea, i comportamenti di aggressione/difesa e sessuale.

E' considerato l'interfaccia tra il livello mentale e quello della fisiologia vegetativa perché, con i suoi collegamenti e funzioni integra gli stimoli provenienti dai centri superiori e le informazioni provenienti dagli organi periferici e dal corpo, e traduce questi cambiamenti in variazioni di parametri fisiologici e nell'esecuzione degli schemi comportamentali di base innati, legati alla sopravvivenza e alla riproduzione.

I neuroni dell'ipotalamo quando sono chiamati a farlo, liberano due sostanze, CRH (ormone o fattore di rilascio della corticotropina) e AVP (arginina-vasopressina). Insieme queste sostanze inducono l'ipofisi a produrre l'ormone adrenocorticotropo ACTH che tramite la circolazione sanguigna, va a stimolare nella corteccia delle ghiandole surrenali la produzione di glucocorticolidi, tra cui il cortisolo. L'ipofisi è la più importante struttura di regolazione degli ormoni ed uno snodo strategico tra il sistema nervoso e quello endocrino. Le sostanze prodotte dall'ipofisi sono fondamentali nella regolazione di molte attività (metabolismo, regolazione dei liquidi, riproduzione e sessualità, crescita, e così via) sia per azione diretta che mediante azione su altre ghiandole, come la tiroide.

L'azione del cortisolo è quella di produrre una mobilitazione generale delle risorse dell'organismo. L'azione del cortisolo si esplica modulando il metabolismo (incremento della produzione di glucosio nel fegato, aumento della mobilizzazione degli acidi grassi liberi rendendo disponibile più energia per la combustione, aumento della disponibilità di glucosio nel cervello, stimolazione dell'utilizzo delle proteine per la produzione di energia), e stimolando le reazioni del sistema immunitario. L'altra via, quella nervosa è sempre attivata dall'ipotalamo, che invia segnali ad alcune strutture nervose poste nel tronco encefalico, in particolare nel Locus coeruleus con rilascio di noradrenalina che va verso il resto del corpo (organi interni, vasi, cute). Le fibre simpatiche dal midollo spinale arrivano alla porzione midollare delle ghiandole surrenali (che si trova all'interno delle surrenali) dove viene stimolata la produzione di una miscela di sostanze eccitanti denominate catecolamine, composta da adrenalina e in misura minore da noradrenalina e dopamina. Le catecolamine incidono sulla funzione di vari organi: aumentano l'attività cardiaca, la pressione ed il flusso sanguigno, deviano l'afflusso del sangue ai muscoli ed ai reni, riducendo il diametro dei vasi sanguigni in periferia e aumentandolo nel fegato e nei muscoli. Il sistema nervoso autonomo risponde rapidamente allo stress e controlla l'attività di molti organi e sistemi del corpo umano, come il sistema cardiovascolare, respiratorio, gastrointestinale, renale, endocrino.

Le due vie del sistema dello stress sono intrecciate in numerosi punti di interazione. I processi bidirezionali dello stress sono protettivi per l'individuo e promuovono l'adattamento (allostasi). L'uso eccesivo, però, o disfunzionale di questi processi causa condizioni di progressiva disregolazione, che determina uno stato di malessere fisico e mentale e compromette le capacità di resilienza e la salute.

L'interazione tra il sistema nervoso centrale (SNC) e il sistema immunitario avviene a molti livelli, tramite i neurotrasmettitori, le citochine e gli ormoni. Il cervello modula l'attività immunitaria mediante i neurotrasmettitori (acetilcolina, noradrenalina, serotonina, istamina, glutammato), i neuropeptidi (ormone adrenocorticotropo o ACTH, prolattina, vasopressina, ossitocina, somatostatina, encefaline, endorfine), fattori di crescita (fattori di crescita neuronale o NFG) e ormoni (adrenalina e glucocorticidi). A sua volta il sistema immunitario modula le cellule nervose del SNC mediante le citochine e le chemochine. Molte cellule immunitarie hanno recettori per i neurotrasmettitori, neuropapetidi e ormoni, e il loro comportamento può essere influenzato direttamente tramite questi recettori o indirettamente come risultato dell'azione delle citochine a seguito dell'attivazione del SNC.

La disregolazione del sistema dello stress da parte di emozioni, traumi ed eventi stressanti in genere, altera l'assetto e il funzionamento del sistema immunitario. Se nel breve periodo, il cortisolo, l'adrenalina e la noradrenalina (catecolamine) hanno un effetto tonificante anche sull'immunità, nel medio-lungo periodo, queste sostanze collocano la risposta immunitaria su una posizione inadatta. L'alterazione del sistema dello stress e la sovrapproduzione di cortisolo possono causare l'atrofia dell'ippocampo, area cerebrale, come abbiamo già detto, deputata alla formazione della memoria a lungo termine. Senza contare che un prolungato stato di stress cronico aumenta le dimensione dell'amigdala che aumenta la sua sensibilità squilibrando la sua importante funzione di filtro regolatorio delle emozioni. Quindi una situazione di stress continuo nel tempo può ridurre e deprimere la risposta immunitaria e come una cronicizzazione dell'attivazione dello stress (stress cronico) vada a disregolare le risposte immunitarie alterando l’equilibrio delle citochine.