Famiglie e regolazione affettiva - Associazione Essere Con
29 dicembre 2018

Famiglie e regolazione affettiva

Famiglie e regolazione affettiva

FAMIGLIA E REGOLAZIONE AFFETTIVA

Dott. Ivano Frattini Psicologo clinico-psicosomatista psicoterapeuta psicoanalitico/gruppoanalitico esserecon@gmail.com

Quale rapporto intercorre tra la regolazione affettiva e la famiglia? Le relazioni affettive influenzano e determinano la base emozionale da cui dipende la capacità di regolazione degli affetti. Queste sono vissute ed esperite attraverso le nostre figure di riferimento e questo processo avviene già a partire dal quarto/ quinto mese di gestazione. La capacità di regolazione degli affetti sarà la bilancia della nostra sopravvivenza e salute. E' molto importante comprendere che acquisiamo la capacità emozionale di essere in sintonia con i nostri stati affettivi attraverso le relazioni con i caregiver: essi sono non solo le nostre famiglie, ma qualunque adulto presti cure e affetto al bambino. E' la famiglia, intesa come chi si occupa del bambino, che determina la nostra capacità di gestire, sentire e dire le nostre emozioni. Quando la famiglia è disfunzionale, può determinare uno stato alterato a livello emozionale, di incapacità regolatoria delle emozioni che viene definito “Alessitimico”. Alla luce dei dibattiti sulle varie forme di famiglia, non emerge mai che il diritto ad avere un figlio dovrebbe essere direttamente proporzionale alla capacità emozionale di occuparsene. Quali sono, allora, le qualità essenziali che chiunque si occupi di un bimbo dovrebbe avere? Sappiamo oggi che l’esperienza, la matrice su cui viene a costruirsi la mente, non dipende dalla nostra volontà ma ci accade. Genitori insufficienti, o poco sufficienti, o comunque con strutture neuromentali di base disfunzionali ed alessitimiche, genereranno figli raramente migliori di loro: non per loro colpa. Quindi si verifica un circuito transgenerazionale tra genitori e figli, e figli dei figli, con un effetto a cascata. Facilmente potrà verificarsi un circuito vizioso peggiorativo. La possibilità di riparare ai difetti della base emozionale, costituita prevalenetmente dalla memoria implicita, cioè totalmente inconsapevole, per mezzo soltanto delle buone intenzioni educative di un adulto, è pia illusione, destinata a ben pochi successi. Occorrerebbe, invece, che tale adulto fosse aiutato, che ne fosse serenamente riconosciuta la scarsa capacità, e che tale genitore potesse fruire di un aiuto psicoterapeutico. Ma anche con genitori sufficientemente idonei a far crescere bene la mente dei loro figli possono intervenire fattori economici, sociali e culturali, che impediscono loro di avere tempo adeguato per trasmettere ai bimbi le loro buone capacità psichiche. In tutte queste eventualità occorrerebbe che si pensasse al futuro delle generazioni a venire con un opera preventiva, per tutti coloro che si occupano dei bambini. Detto questo, vediamo quali sono le conseguenze sulla salute dei nostri figli, quando ci sono dei deficit della capacità di regolazione affettiva. L’area dei disturbi e delle malattie psicosomatiche è oggi sottoposta ad una radicale innovazione poiché emerge con chiarezza, da studi e ricerche, la sua importanza. I progressi nella psicologia sperimentale, nella neurobiologia e nella psicoanalisi, soprattutto per quanto riguarda la ricerca sulle emozioni, hanno portato a nuovi modi di concettualizzare la salute e la malattia, in particolare ci hanno permesso di comprendere il peso della regolazione affettiva come fattore eziologico e portante in alcune malattie. Ultimamente, infatti, si è assistito ad un crescente interesse nei confronti degli affetti intesi come ciò che maggiormente caratterizza l’esperienza umana: gli studi osservativi sulla relazione caregiver-bambino ci mostrano l’importanza sin dalla primissima infanzia della sintonizzazione affettiva e della condivisione di emozioni per la nascita delle rappresentazioni del sé e dell’oggetto nel bambino e quindi per l’attaccamento. La regolazione interattiva nella diade madre-bambino è infatti il “precursore relazionale” della capacità di autoregolazione emozionale che il bambino sviluppa nel corso della sua crescita. I processi cognitivi, poi, giocano un ruolo fondamentale nella regolazione delle emozioni: queste hanno una base biologica ma comportano sempre una valutazione che il soggetto fa di una certa situazione o emozione che prova. Alcuni disturbi psichiatrici comuni ma difficili da trattare così come alcune malattie somatiche sono fortemente legate a deficit nella capacità di esprimere i propri vissuti soggettivi, di riconoscere le emozioni come tali, di elaborarle cognitivamente e quindi di regolarle. Le più autorevoli ricerche nel campo del cambiamento in psicoterapia ci mostrano come la psicoanalisi cosiddetta “classica”, quella basata sulla interpretazione e sull’introspezione, non sia adeguata alla cura di questo tipo di pazienti. Ci si riferisce in particolare agli studi di G. Taylor e il suo gruppo di ricercatori di Toronto, che attraverso il modello della regolazione psicobiologica e il costrutto di Alessitimia assumono un ruolo di primo piano nel panorama contemporaneo delle scienze psicologiche. L'Alessitimia è un vero e proprio deficit di consapevolezza affettiva (“non so cosa sto provando e non lo so dire”), diverso dalla reazione difensiva da inibizione emotiva ( “so cosa sto provando ma non riesco a dirlo”). Quindi per intenderci l'Alessitimia riguarda l'esperienza di affetti non regolati di cui si ha percezione solo per la loro espressione fisica (emotions) ma senza essere accompagnati, integrati, connessi alla consapevolezza del loro corrispettivo mentale, soggettivo, psichico (feeling). L'esperienza infantile delle persone alessitimiche risulterebbe caratterizzato da una ridotta disponibilità affettiva delle figure di attaccamento. Porzioni più o meno grandi dell'esperienza affettiva e relazionale in queste persone rimarrebbero escluse dalla comunicazione con il caregiver (di solito la madre) e quindi non potrebbero venire integrate all'interno dei modelli affettivo-cognitivi elaborati nella relazione determinando di conseguenza un accesso limitato alla consapevolezza ad una vasta gamma di affetti ed emozioni. Diversi studi dimostrano che almeno il 50% delle richieste che pervengono al MMG (Medico di medicina Generale) esprimono un disagio di tipo affettivo/relazionale/esistenziale. Questo tipo di disturbo induce uno stress cronico. Gli effetti sul cervello di uno stress potente, un trauma o di uno stress prolungato nel tempo, quindi cronico (alessitimia), sono numerosi, ma i principali riguardano quattro aree del nostro sistema corticale e sottocorticale: le cortecce prefrontali, l’amigdala, l’ippocampo e l’ipotalamo. Le cortecce prefrontali svolgono funzioni di integrazione dell’attenzione e del ragionamento con le emozioni. E’ un ruolo importantissimo in quanto è da qui che sorgono i comportamenti. Per questo sono in stretto collegamento con l’amigdala. Infatti è dalle prefrontali che partono input verso l’amigdala ed è sempre da qui che parte la sua regolazione. Sotto stress cronico, queste aree tendono a ridursi, cioè i neuroni tendono a morire più del normale e il tessuto diventa atrofico. Questo significherà che si avrà più difficoltà a gestire le emozioni, in quanto l’amigdala mancherà di un controllo adeguato, e si avrà anche più difficoltà a ragionare correttamente e quindi a comportarci adeguatamente ed efficacemente. Per concludere: La disregolazione affettiva fa parte del sistema affettivo/emotivo, che se alterato può influire sicuramente su altri sottosistemi biologici, come il sistema nervoso autonomo, il sistema endocrino e quello immunitario, contribuendo allo sviluppo di un disturbo psicologico/psichiatrico o di una malattia somatica. Lo scopo principale e la sfida di questi gruppi di studio e ricerca è capire quale possa essere l’approccio terapeutico più efficace per l’intervento con questi pazienti, ovvero una psicoterapia che aiuti il paziente a “desomatizzare” e differenziare le emozioni dai sintomi somatici/comportamentali e ad esternalizzarle per mezzo del linguaggio. L'arte-terapia e i “Laboratori espressivi artistici” sono un mezzo molto efficace per favorire tale connessione. Intesa come mezzo espressivo l'arte mette in connessione le nostre parti non accessibili consapevolmente con le nostre parti del sé che fanno esperienza. Le prime relazioni del bambino con la madre e con l’ambiente in cui cresce veicolano affetti ed emozioni, che costituiranno con le relative fantasie e difese un inconscio non rimosso preverbale e presimbolico (chiamato memoria implicita o procedurale) che verrà a condizionare la vita affettiva, emozionale, cognitiva e creativa del soggetto anche da adulto. In questo contesto, la creatività umana appare come un ri-creare collegato alla memoria implicita, la quale non è passabile di ricordo, ma può essere rappresentata nell’attività creativa.